Flami è seduta di fronte a me e i suoi occhi color acqua di mare contrastano con la fermezza dei lineamenti, mentre mi inonda di emozioni, raccontando di Tommy, suo figlio.
Mentre la ascolto penso a quanto la vita sia bizzarra, imprevedibile, ladra, nel prendersi senza alcun permesso pezzi di noi e dei nostri cari.
E’ così che il suo meraviglioso ragazzo, Tommaso detto Tommy, ha dovuto affrontare senza alcun preavviso un tumore al cervello.
Lo so, sparato così fa paura, è una fucilata, ma rende l’idea dell’effetto dirompente e sconvolgente che una notizia del genere può avere avuto sulla vita, sulla routine di un ragazzo e della sua famiglia.
Il pudore del non sapere, la cura della compassione, mi esortano a non soffermarmi sul dolore che si può provare, durante la brutta notizia e dopo, in un susseguirsi di impegni dovuti, nella ricerca della cura migliore.
Flami, del resto, va oltre la sofferenza, e preferisce narrarmi della corsa e di come l’abbia aiutata a non perdere la direzione.
Con la speranza ai piedi e il cuore in tasca si è affidata alla disciplina del running, per conservare quella razionalità che in questi casi, rappresenta la più grande risorsa.
Ed è di corsa che parliamo, di maratone, di prestazioni, di pb, di mezze e di 10, fino al racconto di una medaglia inaspettata.
E’ la mattina del 17.10.2021, Tommy è in ospedale perché pochi giorni prima, ha dovuto affrontare la difficile sfida dell’operazione. E’ ancora in piena convalescenza e non si sente bene.
Flami sceglie di presentarsi alla partenza della Roma-Ostia, senza una preparazione adeguata, con le gambe stanche e le mani consumate.
Eppure corre forte, veloce, portando a casa il suo miglior tempo sulla mezza, affrontando con la sapienza dell’esperienza il percorso tecnico della gara romana.
Al traguardo chiede senza successo una medaglia in più per Tommy.
Se ne va sul trenino del ritorno, pensando a suo figlio ed alla medaglia mancata.
Flami racconta a un’amica l’episodio avvenuto, rammaricandosi per l’atteggiamento poco generoso di chi, nell’economia dell’evento ed in una totale assenza di lungimiranza, non ha considerato adeguatamente la sua richiesta.
Una richiesta giustificata dall’affetto che lega una madre a un figlio, incollati insieme in un coraggio che non hanno scelto di dover avere.
Eppure, c’è sempre da stupirsi: la speranza è del resto, ai piedi di Flami, ben riposta nelle scarpe da corsa.
Un ragazzo, li accanto, un passeggero in tenuta da gara, sente Flami raccontare la storia di Tommy e l’episodio della medaglia.
Con un sorriso si avvicina: tieni la mia medaglia, portala a Tommy, non può esserci destinatario migliore di lui per questo premio!
Sul finale del racconto, posso leggere sul volto di Flami la gioia di quel dono, tipico della parte migliore dello sport e del podismo, capaci di una partecipazione e di una generosità che va oltre i tempi, supera la gara e ogni velleità personale.
Al traguardo si arriva sempre felici, con la necessità di spartire il successo personale e la medaglia che lo rappresenta… donarla ad un ragazzo che sta correndo la più dura delle maratone, rappresenta l’emblema più elevato della condivisione podistica.
Da allora Flami corre per Tommy con l’hashtag #run4tommy, insieme a tanti amici che la conoscono e che hanno a cuore la vita del ragazzo, unendo la forza della concentrazione insita nella corsa con l’immensità dell’amore per il proprio figlio.
Dedico questo pezzo a Flami e a Tommy, a tutte le persone che corrono con loro e per loro, alle madri e ai loro figli , qualunque sia la gara, l’obiettivo, il percorso.
Chiara AM Scardaci