Rocca di Papa – 3 Marzo 2022
In molti, quando leggono di una gara, si soffermano sulla distanza e sul dislivello, ma in pochi si chiedono perché è stata chiamata così. L’identità di un Trail spesso è data proprio dal suo nome, che può rievocare sia il posto in cui si disputa, sia un fatto storico, sia un’amicizia. Ed è proprio quest’ultimo caso che il nome “Trail di Spartaco” vuole ricordare. Uno degli organizzatori del Trail è Massimo Guidobaldi, insieme ovviamente ai riferimenti della società ASD Atletica Rocca di Papa.
Chi era Spartaco? Spartaco Sabatini era suo grande amico, al pari di una figura paterna, venuto a mancare qualche anno fa. Un amico, un grande lavoratore con una forza e tenacia impressionante con il suo 1,90 metro di altezza e un grande corridore. Proprio per queste sue caratteristiche e per il suo nome, è stato associato al celebre e forte Spartaco, il gladiatore che guidò la rivolta contro Roma. Perché abbinare tutto ciò a una gara di Trail? Perché Massimo sostiene che le gare di Trail sono gare dure, dove c’è bisogno di forza e coraggio! E Spartaco Sabatini era tutto ciò. Una storia che fa vivere il percorso con quel rispetto ulteriore di quanto già si ha verso la natura stessa, che ti sta per ospitare.
Il regolamento descriveva il Trail come un percorso ad anello di 14 km con poco più di 500D+. Ma nessuno si poteva immaginare che la notte prima della partenza ci sarebbe stata una copiosa nevicata. E così, appena si è giunti nel punto di ritrovo, nella piazza Giuseppe di Vittorio a Rocca di Papa, si è potuto vedere un paesaggio incredibile e inaspettato. Strade, macchine, i monti intorno e soprattutto l’intero percorso immerso nella neve!
Per chi non ha mai corso sulla neve e si ritrova all’improvviso in uno scenario del genere, si è pervasi da una sensazione di timore mista ad allegria. La neve nasconde qualunque cosa sul terreno e può essere scivolosa se ghiacciata, ma la neve ti regala un contesto incantato. Si torna per un attimo bambini.
Lo speaker, prima di dare il via, scherzando ci dice “erano previsti 3 punti ristoro, ma invece potrete dissetarvi ad ogni metro prendendo una bella manciata di neve fresca”. E come dargli torto. L’intero percorso è nel sottobosco, la neve è appena caduta, nessuno ha percorso nella mattinata quel sentiero e quindi la neve è completamente candida, soffice e intatta.

Il countdown inizia e si parte. I primi 700 metri sono di asfalto in una delle vie principali del paese fino ad entrare magicamente nel bosco. Improvvisamente non si sentono più le voci delle persone lungo la strada, che incoraggiano, ma si entra in un silenzio quasi tangibile. L’unico rumore è dato dal respiro degli altri runner sempre più forte, perché i primi km sono subito di una leggera pendenza in salita. Ma è una pendenza dolce e infatti si può continuare a correre senza fermarsi. Al secondo km e mezzo si arriva su una raduna aperta e qua c’è la magia. A circa 800m slm di altezza si può osservare il Lago di Albano e il Lago di Nepi, con una linea dell’orizzonte completamente aperta. Si corre, ma viene spontaneo voltare ripetutamente la testa per imprimere quanto più possibile quella vista, come se non se ne avesse mai abbastanza.
Giunti al terzo km e mezzo, inizia la discesa che dura fino al nono km. Una discesa non tecnica, facilmente corribile, resa ancora più morbida dalla neve. E’ vero che la neve nasconde, ma il sentiero è un percorso pulito, senza sassi o radici nascoste. Si alternano percorsi di single track ad aree più aperte, dove è possibile correre al passo che si desidera.
Dal nono km inizia la Via Sacra. Una salita di quasi 3 km, interamente su un basolato di pietra lavica, per una larghezza complessiva della via di 2 metri e mezzo. Si potrebbe pensare che una salita di pietra sia facilmente percorribile, ma è una pietra levigata, con neve sciolta sopra. Se non si hanno le giuste scarpe, ogni passo è uno scivolare con il piede all’indietro, che rende la salita ancora più insidiosa e lunga. Probabilmente se non fosse stata così scivolosa, alcuni tratti potevano essere corribili, ma il bello del Trail è questo. Fare mille volte uno stesso percorso può dare risultati completamente diversi, proprio in base alle condizioni meteo e del terreno sempre diverse.
Buona parte del dislivello è concentrato in questo unico tratto. La salita non è sempre lineare, tende ad avere delle svolte, quindi, nel momento in cui si pensa che stia per finire, ci si ritrova davanti un altro pezzo ripido.
Ma giunti al 12imo km, inizia l’ultima discesa che porta al traguardo. Una prima parte ancora in mezzo alla neve, su un sentiero non troppo ripido e l’ultimo km su asfalto, che permette di fare una grande e unica volata fino al gonfiabile. Si iniziano a vedere sempre più persone lungo la strada, sempre più sorrisi, si sente applaudire sempre di più, fino a
quando finalmente si sente pronunciare il proprio nome. E a quel punto realizzi che quasi ti dispiace essere uscita da quel mondo magico, che ti aveva avvolto fino a un km prima.
Ma l’organizzazione lo sa e quindi ti coccola! Una medaglia finisher realizzata a mano e soprattutto thè caldo ad aspettarti. E come avviene alla fine di ogni Trail, ci si guarda intorno, si ritrovano i volti che ti hanno accompagnato per qualche tratto o per buona parte del percorso e ci si fa i complimenti a vicenda. Perché la magia del Trail è anche questo.
